Il valore della leggerezza

 

Una delle cose che amo di più fare è pattinare sul ghiaccio: lo trovo liberatorio.

Anche se probabilmente scivolo sulla pista con la grazia di un elefante, io mi sento leggera come quando ero piccola.

Quando mi lanciavo nelle situazioni senza riflettere, mi buttavo dagli scogli senza tenere conto dell’altezza, senza preoccuparmi se mi sarei fatta male.

Adesso mi ritrovo a elencare tutti i pro e i contro anche di una pizza, l’orario, il condimento, i tempi di digestione.

Era una vita che non pattinavo, ma ieri le mie amiche mi hanno fatto una sorpresa.

Questo è uno dei privilegi di avere amiche che ti conoscono da una vita; non c’è bisogno di tante parole o frequentazioni.

Soltanto quando mi sono sorpresa a ridere come una bambina, ho realizzato di quanta leggerezza mi sia persa per strada.

Alcune ore leggere, secondo me, sono uno fra i doni più preziosi che qualcuno possa regalarti.

Specie ora che siamo adulti e siamo tutti impegnati a prenderci troppo sul serio, a parlare dei nostri drammi con quel piglio severo che ci fa sentire persone responsabili.

Non a caso i maestri spiritualmente più evoluti hanno sempre gli occhi che ridono.

Negli ultimi anni la pesantezza ha invaso tutti, o quasi, gli ambiti della vita, perfino quello dell’infanzia, che dovrebbe essere al contrario inviolabile, e ci ha privato di quella leggerezza che spesso è così benefica.

Quando vedo in televisione o nel web immagini e video di bambini camuffati da grandi, che scimmiottano gli adulti, mi assale una profonda tristezza.

E puntualmente, non appena sento dire che le parole hanno un peso, mi vengono in mente degli autori come Gianni Rodari, come Aldo Palazzeschi e la sua “E lasciatemi divertire”, una poesia a cui sono tanto legata, perché mi ricorda il periodo del teatro.

Penso a Fosco Maraini che considerava la parola come “un giocattolo, un fuoco d’artificio, un telescopio con trappole; una caramella, qualcosa da rigirare tra lingua e palato con voluttà, a lungo, estraendone fiumi di sapori e delizie”.

Le parole, in realtà, non hanno un peso, le abbiamo appesantite noi, ma di una pesantezza vuota, perché abbiamo perso una sana leggerezza.

Da un po’ di tempo a questa parte ci prendiamo troppo sul serio e ci rivolgiamo agli altri come se fossimo detentori di chissà quali conoscenze.

Siamo noi a essere diventati pesanti come dei macigni, ad aver cominciato a dare peso a ogni cosa, a ogni parola, ogni gesto o persona, anche quando non ne vale davvero la pena.

Una volta ho letto il consiglio di un insegnante di yoga della risata che mi ha colpito molto: quando sei coinvolto in una circostanza che ti suscita rabbia o sofferenza, fatti una sonora risata.

Guardati allo specchio, osserva la tua espressione contrariata e nota quanto sei buffo, cerca la leggerezza in quel dramma.

Così facendo, scoprirai che un evento su due lo vivi in maniera esageratamente drammatica ed egocentrica.

Si dice spesso che dovremmo osservare i bambini e imparare da loro, ma dovremmo farlo davvero.

Quanto sono belli quando piangono a dirotto e un secondo dopo ridono fra le lacrime; cercano di mostrare il broncio, senza riuscirci fino in fondo. Gli occhi ancora umidi iniziano a ridere e gli angoli della bocca diventano un saliscendi tremolante così buffo che ti strappano un sorriso anche se non vorresti.

 
Virna Cipriani