L'importanza del dialogo fra le due parti
In questi giorni mi sento molto confusa. Di solito, affronto i cambiamenti con entusiasmo e curiosità. Stavolta mi accorgo di essere un po’ più ansiosa. Sono mesi che mi accompagna una strana insicurezza, un’esitazione che di tanto in tanto fa capolino e mi porta a mettere in dubbio ogni cosa.
Le mie dita digitano parole con una finta noncuranza, ma il mio sentire è un altro, anche se cerco di negarlo. Questa dissonanza mi suscita una fastidiosa confusione a cui non so attribuire una ragione precisa.
Vorrei avere tutto chiaro fin da subito, tutte le risposte di cui ho bisogno. Invece devo aspettare che i tempi siano maturi, che io sia pronta a capire. Certe volte detesto le attese.
Eppure, aspetto e temporeggio. M’impongo di cercare un equilibrio interiore nelle difficoltà; di trarne un momento di crescita.
Cerco rifugio nelle parole, nel loro significato, sperando di ricavarne un indizio.
La parola relazione, riporta il dizionario etimologico, vuol dire riferire, riportare, restituire, stabilire un collegamento, un rapporto.
Una relazione, a quanto pare, che sia di amicizia, d’amore o di lavoro, implica sempre un’interazione fra due persone. Perché si possa chiamare relazione, entrambe le due “entità” devono essere partecipi.
Mi sono resa conto che con l’età diventa paradossalmente sempre più difficile relazionarsi.
O meglio, s’impara fin da subito a entrare in connessione con l’altro, ma si diventa altrettanto abili nel mantenere le distanze opportune, quelle che garantiscono che tutto resti come prima.
Più si vive da soli e meno ci si mette in gioco, questo è normale.
Negli anni, senza che ce ne rendiamo davvero conto, costruiamo un equilibrio tutto nostro che ci fa stare bene.
Creiamo dei rapporti intorno a noi capaci di colmare dei vuoti e diventare quei riferimenti di cui abbiamo bisogno per andare avanti, che siano fisici, affettivi o professionali.
Una nuova relazione, per quanto piacevole possa essere, diventa una minaccia, perché può stravolgere quell’equilibrio.
Con l’età, sto sempre più comprendendo, diventa complicato lasciarsi cambiare da una nuova conoscenza..
Si diventa più indolenti e, inconsciamente, egoisti, perché non si vuole rinunciare a quel rapporto nuovo, ma non si è disposti neppure a lasciare che quel rapporto rischi di stravolgere il proprio equilibrio.
Si diventa meno elastici mentalmente, meno aperti a cambiare il modo di ragionare; tenere conto dell’altra persona costa fatica.
Nello stesso tempo non vogliamo rinunciare a quella relazione, perché sotto sotto ne siamo incuriositi, riconosciamo l’opportunità di una crescita, di un possibile arricchimento.
È un salto nel buio che non ci offre nessuna garanzia futura e che può stravolgere il nostro piccolo, rassicurante mondo, quello che ci siamo costruiti nel tempo e che abbiamo così ben collaudato da essere a prova di qualsiasi terremoto.
Se da giovani siamo più incoscienti e istintivi, man mano che cresciamo e impariamo a stare da soli, diventiamo più pigri e diffidenti.
Una relazione nuova rivoluziona inevitabilmente gli equilibri vecchi e coinvolge le persone intorno a noi.
Per una relazione che sta nascendo, qualunque sia la sua natura, competere con i rapporti consolidati nel tempo è molto difficile. Parte svantaggiata.
È un passo che richiede coraggio ed energia. Responsabilità, nei confronti di sé stessi e dell’altra persona. Non una responsabilità materiale, ma emotiva.
Un impegno onesto a voler coltivare quella relazione, a lasciarsi cambiare, anche se con i tempi e nei modi che entrambe le due “entità” scelgono.
Richiede di disimparare a pensare come prima, abituarsi a compiere piccoli gesti costanti, anche un semplice “hey, ci sono. Ho tante cose per la testa, ma sono vivo” per coltivarla, per fare sentire che un pochino ci si tiene. Che l’altro non è da solo nel portarla avanti.
Sono poche le persone che scelgono davvero di percorrere una strada così impegnativa. Molte si nascondono dietro le parole ma non trovano il coraggio di mettersi davvero in gioco.
In questi giorni mi chiedo a quale categoria appartenga io, e non solo.
Credo sia un bisogno naturale di fare ordine dentro di me, di affrontare un nuovo anno con le idee più chiare; o forse è la mia età che mi fa vivere le incertezze con meno leggerezza rispetto a un tempo.