Pillola azzurra o pillola rossa? Cosa insegna davvero il film Matrix

 

Sono giornate particolarmente intense: oltre agli impegni quotidiani, sono molto assorbita da una ricerca personale, da alcune riflessioni che, so, mi porteranno a un cambiamento.

Sono in cerca di risposte e, guarda caso, mi sono imbattuta in alcuni contenuti dell’autore Marco Macri, uno fra i più interessanti interpreti del pensiero di Neville Goddard.

Nello specifico, qui vorrei parlare del film Matrix e del bellissimo confronto che lo scrittore ha fatto con Goddard.

Molte persone quando parlano di Matrix, di pillola rossa o azzurra, si riferiscono al sistema corrotto, ai giochi di potere nascosti dietro, che in tanti non conoscono.

In realtà, Matrix è un film spirituale.

Proprio come la Divina Commedia, come le fiabe e i romanzi iniziatici, come la canzone “La cura” di Battiato, ha più chiavi di lettura, a seconda del proprio livello di consapevolezza, ma quella ultima e autentica è la chiave di lettura spirituale.

Neville Goddard insegnava che la realtà fisica è un riflesso, uno specchio di ciò che prima accade, sempre, nel nostro mondo interiore, nella nostra coscienza.

Matrix è la realtà fisica, è quello che Goddard chiama terza dimensione (3D).

Il film comincia quando Neo (l’anagramma di One, Uno) inizia a farsi delle domande su chi è lui, cos’è la vita; quelle domande esistenziali che preannunciano sempre una ricerca e un risveglio spirituale.

Il protagonista del film si chiama Thomas Anderson.

Thomas, come Tommaso, l’apostolo famoso per la sua incredulità, per non credere se non vede (proprio come Neo che all’inizio è pieno di dubbi); Anderson può dividersi in Ander (dal greco Uomo) e Son (in inglese figlio), figlio dell’uomo.

Gesù era chiamato Figlio dell’Uomo (anche Neo è a suo modo un salvatore).

La pillola rossa che Neo sceglie d’inghiottire serve a risvegliarlo spiritualmente dal sogno in cui vive (secondo Neville Goddard e secondo i Toltechi l’uomo medio vive in un sogno e non nella realtà autentica).

Goddard insegnava che l’uomo comune è addormentato e, per questa ragione, vive nelle cause secondarie, crede cioè che gli eventi esterni arrivino sempre in modo casuale e possono controllare la sua vita.

L’uomo risvegliato, invece, sa che tutto ha origine dalla sua immaginazione.

Nel film, Matrix è il mondo delle apparenze (quello delle tasse, delle bollette, dei problemi, dei rapporti, ecc).

Matrix è la materia, è la 3D di cui parla Goddard e come sostengono tutti i grandi maestri spirituali, è un’illusione della coscienza (non esiste realmente), è il mondo delle ombre di cui parlava Giordano Bruno, è uno specchio, un riflesso del nostro mondo interiore.

Neo è la parte di noi che comincia a intuire che la vita non è solo ciò che vediamo e facciamo, ma esiste molto di più e inizia a cercare delle risposte, vuole vedere oltre il velo di Maya, oltre il velo delle apparenze.

Il protagonista Thomas Anderson deve “morire” e rinascere come “Neo” (One, Uno), lasciare la sua vecchia identità, l’Io piccolo, il vecchio Sé per creare una nuova identità, un nuovo stato mentale, come insegnava Neville Goddard e cambiare così la sua realtà.

Nella scena in cui Neo incontra il bambino che gli insegna a piegare un cucchiaio è racchiusa la principale teoria di Neville Goddard.

Il bambino dice a Neo: "Non cercare di piegare il cucchiaio. È impossibile. Cerca invece di fare l'unica cosa saggia: giungere alla verità. Quale verità? Che il cucchiaio non esiste. Allora ti accorgerai che non è il cucchiaio a piegarsi, ma sei tu stesso che ti pieghi”.

Goddard insegnava che non possiamo cambiare la realtà esterna cercando di manipolarla direttamente; al contrario, dobbiamo cambiare il nostro mondo interiore, la concezione di noi stessi (i pensieri, le emozioni, le parole che ripetiamo di continuo, le convinzioni) e la realtà fisica, la 3 D, come riflesso si conformerà al nostro nuovo stato interiore.

Il cucchiaio rappresenta il mondo materiale: le cose, le relazioni, gli eventi esterni.

Il mondo interiore si esprime, si manifesta come riflesso poi all’esterno.

Usando le parole di Neville Goddard: quando assumiamo lo stato del desiderio già realizzato (qualsiasi cosa desideriamo), quando ci crediamo davvero, la realtà esterna si piegherà naturalmente, sarà costretta a riflettere quella nuova convinzione interiore.

La causa, anche se falsa, se è persistente, se si persiste nell’immaginarla, nel crederle, diventerà realtà (ci sono alcune testimonianze di persone che sono morte, o si sono ammalate gravemente, senza un’effettiva causa fisica, ma solo perché continuavano a ripeterlo a loro stesse e agli altri, a parlare di malattia fino a convincersi, anche se medici sostenevano il contrario).

La causa (lo stato mentale) produce un effetto (gli eventi nella realtà fisica).

Capire questo realmente, vuol dire capire che il mondo esterno è malleabile, è plasmabile con la nostra immaginazione (come insegnano da sempre i grandi maestri spirituali), perché è una proiezione della nostra coscienza.

Nella scena del film, il bambino non fa nessuno sforzo per piegare il cucchiaio, perché è consapevole di non dover intervenire sull’oggetto, ma dentro di sé.

È identificato con uno stato mentale in cui il cucchiaio si piega, è piegato, e non ha dubbi.

In Matrix l’agente Smith non è una persona; gli agenti sono dei programmi (come detto nel film) e possono impadronirsi di chiunque sia ancora collegato con matrix.

Sono dei programmi (subconsci, mentali, le nostre credenze limitanti, i traumi, le etichette, le memorie, i vecchi stati di coscienza automatici) che condizionano, hanno potere su chi vede e crede ancora nel mondo fisico, nel mondo delle apparenze.

Ogni vecchio programma mentale è un agente che lavora contro di noi e lo fa sempre, dalla mattina alla sera.

Le parole che ripetiamo, il nostro chiacchierio interiore, le emozioni abituali creano gli accadimenti esterni; l’amico che ti dice” non puoi farcela”; tuo padre che diceva “i soldi si fanno solo in modo disonesto”, le tue convinzioni che prima o poi tutti ti tradiscono, eccetera

C’è una scena del film che racconta bene quell’attaccamento alla vecchia vita di sempre, quel rifiuto di cambiare, rimanere nella zona di comfort.

È la scena in cui l’agente Smith dice a Neo: “Mi manca, mi manca tanto. Sono sicuro che anche a lei, Signor Anderson, capita di avere questa sensazione”.

La sensazione, cioè, di chi non è libero.

Quando si cerca di cambiare, accade spesso che il vecchio stato di coscienza faccia resistenza, come se rimpiangesse la sua vecchia esistenza, anche se era limitante, piena di problemi.

La libertà, il cambiamento, il successo fanno paura.

Essere liberi vuol dire assumersi la responsabilità della crescita, della felicità, della realizzazione; non fare più la vittima del mondo, non usare più scuse e incolpare gli altri dei propri fallimenti.

La limitazione offre certezza, fa conoscere bene i propri confini entro cui si vive.

È li che bisogna persistere con i nuovi pensieri, le nuove emozioni, con la pratica.

Laddove ci sentiamo vittime (della famiglia, del capo, di un sistema corrotto e via dicendo) ci togliamo la responsabilità di cambiare, di praticare il cambiamento, ci togliamo potere, libertà, confermiamo la nostra prigione e possiamo così incolpare le sbarre se non riusciamo, se falliamo.

Nella libertà dobbiamo prenderci sempre la responsabilità, perché siamo noi i creatori di tutta, TUTTA, la nostra esperienza di vita.

Neville Goddard avvertiva sempre che quando iniziamo a cambiare, quando c’impegniamo per assumere il nuovo stato interiore, lo stato vecchio inizia ad agitarsi, combatte per sopravvivere, non vuole morire; quindi cercherà di persuaderci attraverso dubbi, paure, problemi.

La scena iconica in cui Neo ferma le pallottole con la mano dimostra che il protagonista crede davvero che la realtà materiale non esiste. Gli basta pronunciare: “No” e le pallottole cadono, non hanno più un effetto su di lui.

Le pallottole sono i problemi, le bollette, la scarsità, gli eventi che ci capitano abitualmente.

Se pronunciamo un semplice decreto dentro di noi, ma ci crediamo profondamente, (un “no”) possiamo cambiare le circostanze esterne.

L’oracolo quando dirà a Neo che non è l’eletto, rappresenterà la realtà esterna come fosse uno specchio. Aggiungerà poi: “essere eletti è come essere innamorati; solo tu sai veramente dentro di te se lo sei, conosci i tuoi sentimenti”.

Ossia, solo Neo può sapere davvero se lui si sente l’eletto oppure no. Se ci crede intellettualmente, ma senza troppa convinzione o se assume davvero (come insegna Goddard) lo stato mentale dell’eletto, si è identificato, incarna e agisce come se fosse già l’eletto.

Neo deve morire al suo vecchio sè, Thomas Anderson, per rinascere come l’eletto. Comincia, allora a vedere i numeri, i codici della realtà, perché, come spiegano molti maestri spirituali, il mondo esterno si manifesta sempre attraverso dei simboli.

Simboli che vanno, via via, decodificati, interpretati per imparare a conoscerci sempre più profondamente.

Le malattie portano sempre un messaggio (come spiega bene la metamedicina): la tipologia di disturbo, l’organo colpito; gli accadimenti, le persone che incontriamo non sono mai casuali.

Esempio: ci viene un malanno di stagione e magari non volevamo andare a un appuntamento, non ci sentivamo all’altezza di un colloquio o avevamo inconsciamente bisogno di riposare, di fermarci; il raffreddore diventa un motivo per stare a casa.

Ci capitano sempre eventi che ci fanno perdere del denaro: rappresentano la nostra convinzione profonda e inconscia che meritiamo la scarsità, non crediamo nella ricchezza.

Possiamo cambiare città, paese, relazioni, persone vicine eppure ci ritroviamo spesso a vivere lo stesso genere di situazioni.

Spesso sono memorie, credenze che abbiamo ereditato dai nostri parenti. Prendiamo il caso di una persona che si ritrova spesso a fare i conti con una relazione sentimentale conflittuale, o a vivere una distanza, un’attesa lunga: potrebbe essere una memoria ereditata da genitori, zii o nonni.

Ogni accadimento è simbolo di un aspetto profondo e inconscio di noi stessi, di una credenza che abbiamo e non sappiamo.

Jung sosteneva che tutto ciò che è nel nostro inconscio e che non abbiamo ancora reso conscio, si manifesta nella realtà fisica attraverso degli eventi esterni.

Se continuiamo a dire che un sistema è corrotto e disonesto, alimentiamo quella convinzione; come conseguenza, vivremo sempre circostanze esterne che confermeranno quella convinzione, il nostro stato mentale.

Non cambi il mondo esterno, lottando e faticando, perché è un riflesso di te, di ciò in cui credi. È come se lottassi contro di te, contro una parte di te che non hai ancora riconosciuto e non lo sai.

Cambi i pensieri e le emozioni ripetute che a lungo andare si radicano e diventano le tue convinzioni, e lo fai immaginando, visualizzando scene, immagini del nuovo stato che desideri.

Basta cominciare fin da subito: immaginiamo una piccola scena vivida in cui una certa situazione andrà bene, andrà come desideriamo.

Facciamolo tutte le sere, ripetiamolo di tanto in tanto durante il giorno fino a persuadere, a condizionare (saturare, come direbbe Goddard) il nostro subconscio, fino a crederci davvero, fino a sentire che è reale, che accadrà per forza di cosa e scopriremo così se il mondo interiore può plasmare davvero la realtà.

 
Virna Cipriani