Il progresso tecnologico ostacola la crescita

 

Diversi anni fa mi sono imbattuta in alcune lezioni gratuite online che spiegavano come usare un programma di grafica vettoriale gratuito.

Nel seguirle, mi sono divertita così tanto che ho cominciato a giocare con quel programma nel tempo libero, per distrarmi e rilassarmi un po’.

In quel periodo sono nati tre piccoli racconti per bambini (su autismo, sindrome di Down e sindrome di Williams); storie che avevano lo scopo di favorire l’inclusione dei bambini con disabilità nelle scuole materne ed elementari.

Sempre per gioco, ho scelto di creare le copertine da sola con il programma di grafica che avevo imparato a usare un po’, per poi permettere a chi volesse ,di scaricarli liberamente.

Ho scoperto in seguito che quei racconti hanno fatto un bel giro nel web e sono stati usati da educatori e insegnanti in più scuole (qualcuno mi ha anche scritto privatamente).

Il punto non è questo.

All’epoca mi ero appassionata così tanto a quel programma di grafica da passarci molte ore.

Alla fine i risultati, per quanto dilettanteschi, mi hanno riempito di soddisfazione: ai miei occhi erano dei capolavori!

Quei racconti mi sono tornati in mente ora che in internet sta spopolando la moda delle illustrazioni realizzate con l’intelligenza artificiale.

Il rischio più grande del progresso tecnologico è quello d’istupidirci.

Stupido ha origine dal latino e vuol dire “restare attonito, restare fermo, non saper reagire adeguatamente”.

Una persona stupida rimane bloccata di fronte a un ostacolo; non cresce.

La tecnologia, purtroppo, ci sta permettendo di non fare più fatica, di ottenere dei risultati senza uno sforzo adeguato, senza compiere dei sacrifici.

Possiamo calcolare, scrivere, intonare una canzone, realizzare illustrazioni, cucire, perfino parcheggiare senza dover studiare, impratichirci, grazie a un aiuto tecnologico.

Così facendo, fatichiamo a capire tutto lo sforzo, lo studio e il lavoro che c’è dietro chi le cose le sa fare davvero senza la tecnologia; non ne apprezziamo l’impegno.

Qualcosa acquista più valore se dobbiamo fare fatica per ottenerla, se siamo costretti a lavorare duramente, impegnarci con perseveranza e passione.

Se la conquistiamo subito e facilmente, perde valore, è inevitabile.

Il progresso tecnico serve a ridurre gli ostacoli.

Come spiega Igor Sibaldi nel suo libro “Come non essere stupidi” tutti cercano di evitare gli ostacoli, tutti fatta eccezione degli atleti, di poeti, filosofi e dei migliori scienziati. E di chi vuol crescere.

I poeti, quelli veri, scrivono ciò che prima di loro è stato troppo difficile da comunicare.

Gli appassionati del progresso vogliono prendersela sempre più comoda, ma hanno come conseguenza meno desideri di chi invece si pone sempre ostacoli nuovi per crescere.

Per questi ultimi accontentarsi è una sconfitta; ogni problema, al contrario, diventa una bella avventura, un invito a creare nuove possibilità.

Chi cresce, trova sempre degli ostacoli davanti a sé e li sfida con entusiasmo.

L’unica maniera per restare fermi, e perciò “stupidi”, è non trovare più ostacoli di fronte e perciò non crescere.

Crescere vuol dire cambiare, allargare i propri orizzonti.

Ci sono alcune espressioni in voga oggi che incoraggiano proprio a restare fermi, come: pensa positivo, qui e ora, la resilienza.

Il pensiero positivo è un invito ad accettare qualsiasi situazione, senza impegnarsi a cambiarla; ad abituarsi a trovare del bello anche quando proprio non c’è, infine ad accontentarsi.

Qui e ora scoraggia il guardare più in là, nel futuro, indebolisce il desiderio, la voglia di creare qualcosa di nuovo e ancora inesistente.

Per resilienza, infine, s’intende l’elasticità che permette a un oggetto di riacquistare la propria forma, dopo aver subito una compressione; un uomo resiliente è colui che dopo un contrattempo torna a fare ciò che faceva prima, non si lascia cambiare da un evento.

Più volte ho scritto che occorre fare molta attenzione a parole che vanno di moda in questo periodo, alle espressioni che sono molto usate nei gruppi di persone oggi; non accoglierle senza un pensiero critico, perché potrebbero essere insidiose, amiche del potere.

Per lo stesso motivo, proprio io che non ho un briciolo di senso dell’orientamento, ho deciso d’ora in avanti di impegnarmi a usare il meno possibile il navigatore, ricominciare a muovermi con l’utilizzo delle mappe.

Non ci siamo mai fermati a riflettere, ma il gps ha ridotto di gran lunga la nostra capacità di orientarci nello spazio.

Mentre una volta le persone erano costrette a sviluppare l’orientamento, a scegliere gli itinerari da percorrere; viaggiavano con le idee più chiare sul territorio che avrebbero dovuto attraversare, sulla distanza fra il luogo di partenza e quello di arrivo e sulle caratteristiche geografiche, ora invece si affidano in tutto e per tutto al navigatore.

L’orientamento si è atrofizzato a tal punto che tendiamo a usare il navigatore anche per dei tragitti brevi.

Come se non bastasse, grazie alla possibilità di videochiamare chiunque, il mondo si è rimpicciolito incredibilmente ai nostri occhi, ma non perché lo conosciamo meglio, anzi.

Se non capiamo più le distanze geografiche, se non ne abbiamo più una percezione effettiva, fatichiamo anche a capire che le culture sono diverse le une dalle altre.

E, infine, fatichiamo a capire che ciò che è giusto in un posto, non è detto che lo sia in un altro posto.

Tante persone oggi sono convinte che se qualcosa sia giusto per loro, lo deve essere per tutta l’umanità, perché in fondo siamo tutti uguali.

Insieme all’idea di distanza, si sono appiattite pericolosamente anche le differenze.

Come ricorda Sibaldi, una mela più un’arancia non fa due; l’addizione sociale non si può fare senza rimetterci qualcosa.

Voler essere come gli altri, tutti uguali, vuol dire annullare la propria identità, temere infine ciò che si è davvero.

 
Virna Cipriani