Il potere simbolico degli oggetti

 

Nonostante stia dedicando poco tempo alla mia pagina di libri su Instagram, a poco a poco arrivano le prime inaspettate soddisfazioni: collaborazioni, l'invito a partecipare a una rubrica culturale, piccoli, apprezzamenti per nulla scontati.

Scrivo “inaspettate” perché mi rendo conto che parlare di Gadda, Cronin e di altri scrittori messi ingiustamente da parte in quest’epoca possa sembrare rischioso.

Mai piaciute le cose facili :)

Proprio in questi giorni sto leggendo il romanzo che mi ha inviato un autore ligure.

Stamattina, mentre lo leggevo, mi sono chiesta quale sia l’importanza degli oggetti nominati in una storia; se l’autore li menzioni a caso o se attribuisca loro un significato, se ponderi con attenzione cosa citare e cosa omettere.

Ci soffermiamo mai a riflettere sul potere emotivo o sul valore oggettivo degli oggetti?

C’è, per esempio, chi fa leva sui poteri di una t-shirt di supereroi per affrontare un duro allenamento in palestra e chi, come me, utilizza la tazza di Charlie Brown per iniziare la giornata col sorriso.

Non affronto mai un lungo viaggio o un’attesa di ore senza portarmi un libro in borsa; perciò sono costretta a usare borse piuttosto ampie, almeno in questo circostanze.

Spesso e volentieri amo infilare anche un’agenda o un blocco, penna e post-it, per buttare giù idee improvvise, segnarmi una frase, un’intuizione che mi arriva all’improvviso.

In queste occasioni la mia borsa sembra più una piccola cartoleria ambulante che un accessorio femminile, ma quant’è vero che puoi scoprire tanto di una donna se le osservi il contenuto della sua borsa!

Perché scegliamo di dire il colore della giacca di Tizio o la forma dell’abat-jour sulla scrivania di Caio? Quale significato aggiunge al nostro racconto? O descriviamo a caso i primi dettagli che ci saltano in mente?

Quanto siamo padroni consapevoli del nostro racconto?

I dettagli sono importanti.

Carlo Emilio Gadda, per esempio, piuttosto che nominare le cose e basta, ama sfruttarle per raccontare quello che è accaduto o che accadrà.

Gli oggetti, per lo scrittore milanese, sono delle infinte relazioni, passate e future, reali o immaginare che in loro confluiscono.

Nel romanzo “Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana”, come spiega lo studioso Roscioni, le pietre rubate alla protagonista non sono solo una semplice refurtiva, ma rappresentano simbolicamente la storia millenaria, chimica e mineralogica della Terra e Gadda ci tiene a raccontarla al lettore, per dare maggiore valore a quelle pietre:

Gemme erano, quei risplendenti rubini, lo si vedeva, incubate e nate nei millenni originari del mondo.

Il passato scientifico però, secondo Gadda, non rivela tutto di un oggetto. Oltre alla storia accertata di un gioiello, ce n’è una possibile, immaginaria.

Chi avrà avuto fra le mani quella pietra preziosa prima della protagonista? Che uso ne sarà stato fatto? Gadda se lo domanda e si diverte a fantasticare:

E un grosso anello a cilindro d’oro che aveva cerchiato il pollice all’Enobardo o l’alluce a Elagàbalo. Un bel cilindretto, verde nero lustro, di tirarne oroscopi i sacerdoti stronzi ad Egitto.

Ma lo scrittore non si limita a favoleggiare sul passato possibile degli oggetti, lo fa anche su un loro ipotetico uso futuro:

e due buccole (ciondoli), con due gocciolone d’un azzurro cielo a triangolo isoscele, arrotondate nei vertici, per i lobi di una popputa ridanciana vestita di celeste.

Gadda è solito fare delle divagazioni, brevi parentesi nella narrazione in cui parla della storia reale o ipotetica degli oggetti e dei loro proprietari, presenti, passati e futuri.

Il potere simbolico di un oggetto, il suo potenziale narrativo per Gadda non si esaurisce qui.

Esiste anche un rapporto fra la cosa e il periodo storico in cui è ambientato il racconto.

Usare la parola valori per parlare dei gioielli, per esempio, sottintende che i gioielli simboleggino un qualcosa di sicuro e solido per chi li possedeva, una certezza economica in un’epoca storica particolare che offriva poche certezze, quella fascista in cui è ambientato il romanzo.

Descrivere l’oggetto per Gadda può diventare anche un’occasione per alludere al contesto in cui si svolge la scena, piccoli dettagli che aiutano il lettore a capire il luogo in cui si svolge il racconto:

E un anellino di fil d’oro, con un chicco rosso di melagrana da beccarlo un pollo (frase che suggerisce l’ambiente rurale circostante).

E ancora, Gadda descrive la maniera precisa in cui il carabiniere esamina la refurtiva ritrovata, per accennare qualcosa di chi nascondeva il tesoro, una contadina, le sue possibili abitudini in cucina:

Il brigadiere sparse le pietrine con le dita con il gesto di chi discevera (distingue) il riso prima di buttarlo nella pila.

Gli oggetti, nei libri di Gadda, sono dei punti da cui partono raggi infiniti; la scusa perfetta per fare delle divagazioni che possono portare il lettore dove lo scrittore desidera, raccontargli informazioni importanti in modo creativo e non banale.

Quando scriviamo qualsiasi contenuto, abituiamoci a valutare con cura i dettagli che vogliamo aggiungere e quelli che scegliamo di omettere, quali informazioni servono al lettore per capire meglio il nostro messaggio, la nostra storia.

Questo vale anche per le immagini e le foto che pubblichiamo; una semplice maglietta, un piccolo oggetto in apparenza insignificante può rivelare in realtà tanto di noi o di chi parliamo.

 
Virna Cipriani