Di pause forzate, cuori gonfi e ragnatele mentali

 

Come si dilata il tempo quando si stacca da internet.

Come un elastico, le ore si allungano in maniera esasperante fino a trasformarsi in giorni, il ritmo rallenta a un andamento anomalo, quasi fastidioso.

Lo spazio si fa sgombro di stimoli, messaggi, notifiche, immagini, nomi, faccine e diventa ampio, disabitato.

Chi nel digitale reclamava un’illusoria amicizia, un legame indefinito, qualcuno di cui t’importava, ritorna a essere un estraneo e pian piano la realtà fisica, piccola e rassicurante, prende forma.

Sono giornate delicate, a volte la paura fa capolino, allora ho bisogno di tempo e spazio per me, di allontanarmi dal chiasso e circondarmi di silenzio e calma.

Mi sono sentita stranamente gonfia e pesante; sono scappata da questa sensazione finché ho potuto, poi ho preso coraggio e mi sono fermata.

Dal mio cuore, strizzato come una spugna, sono colate lacrime così a lungo represse da trasformarsi in singhiozzi. Era così tanto tempo che non piangevo.

Ho trattenuto il respiro e mi sono immersa in quella tela del ragno che è la mia mente, piena di filamenti che faticano a scollarsi.

Una volta una grafologa mi ha detto che il modo in cui scrivo in corsivo le “a” denota il mio bisogno di chiudermi in me stessa per trovare la forza.

E, in effetti, a pensarci bene, è sempre stato così, da che sono al mondo.

Ma nei giorni scorsi, sarà per il caldo, sarà per via di alcune difficoltà, ho provato un insolito attaccamento, e mi sono spaventata.

In generale, non amo gli attaccamenti: li considero pericolosi; si fanno carico di aspettative nocive per sé stessi e per gli altri.

Così mi sono imposta una pausa forzata dal web e un piccolo periodo di ascolto e introspezione.

E ho fatto bene, perché ho recuperato forza e il controllo sulla mia vita; sono io a scegliere quanto a lungo stare male e quando ritrovare pace, non dipendo da nessun altro.

Non pensiamo mai alla difficoltà che comporti all’uomo contemporaneo dividersi fra due mondi: quello fisico e quello digitale, allinearsi a dei ritmi e a relazioni diversi.

Chi, come me, è poi abituata da sempre a osservare il proprio mondo interiore, fatica ancora di più, deve imparare a misurare l’attenzione in parti uguali.

Me ne accorgo, perché se passo più tempo del solito in internet e trascuro il resto, mi sento stranita, a volte svuotata, a volte perfino inquieta.

È ancora più difficile quando le realtà si mescolano, almeno per me che ho sempre marcato dei confini precisi ed evidenti.

Ma non è detto sia sempre un male, solo, devo farci il callo.

Pochi giorni fa, per esempio. mi sono svegliata con un messaggio inaspettato di uno scrittore che ho scovato casualmente e che ammiro molto.

Ha letto la mia recensione e, ho scoperto, vive incredibilmente nella mia stessa cittadina: ecco le belle opportunità del web.

E quando proprio non riesco a collocarmi in nessun posto, quando il mondo diventa un luogo inospitale, trovo rifugio nelle storie inventate, cerco sollievo nell’estro degli scrittori che amo.

E nella musica.

Proprio ieri mi è capitato un video del concerto di Zucchero al Circo Massimo; una figlia e un padre cantavano abbracciati “Così celeste”, uno fra i suoi brani più teneri, una schiera di cantanti di colore, vestiti di bianco e rosso sul palco si muovevano a tempo: mi sono commossa così tanto da non trattenere le lacrime, fino alla fine.

Che potere emozionale immediato che ha la musica quando è bella!

 
Virna Cipriani